Il Consiglio di Stato si pronuncia sull’obbligatorietà del preconfezionamento del pane precotto

Il Consiglio di Stato, con la recente Sentenza n. 6677/2021 del 7 ottobre 2021, ha ribadito l’obbligatorietà del preconfezionamento del pane precotto e surgelato. La vicenda prende le mosse da una visita ispettiva dei N.A.S di Lecce all’interno di un punto vendita della Grande Distribuzione Organizzata (GDO). In particolare, i N.A.S, dopo aver osservato il comportamento di un “cliente anziano” che, “senza l’utilizzo della protezione di guanti, dopo aver toccato diversi pezzi di pane, ne ha scelto alcuni che ha finalmente acquistato“, procedevano al sequestro di circa 23 kg di pane precotto in vendita negli espositori del locale. Nel verbale di sopralluogo venivano quindi contestate le seguenti irregolarità: “a) non è esercitata la necessaria vigilanza sulla procedura di acquisizione del pane precotto da parte del consumatore, poiché i distributori self-service del pane precotto sono posti a distanza dal banco vendita assistita ed in posizione defilata rispetto all’addetto al punto vendita; b) le diverse tipologie di pane precotto ed etichettato sono vendute in assenza di preconfezionamento per ciascun pezzo, in violazione della disciplina prevista per la vendita del pane precotto, di cui al combinato disposto dell’art. 14, comma 4, della legge 4 luglio 1967, n. 580 e dell’art. 1, comma 1, del d.P.R. 30 novembre 1998, n. 502”. Pertanto, il Dipartimento di Prevenzione della A.S.L. di Lecce disponeva “l’immediata sospensione della vendita self-service di pane e prodotti da forno sfusi e posti in vendita in appositi scaffali erogatori del tipo a cassetto, in assenza di un operatore addetto alla vigilanza sulle corrette modalità di prelievo/acquisto da parte dei clienti”.

Tanto il TAR della Puglia quanto – da ultimo – il Consiglio di Stato hanno confermato la correttezza delle contestazioni avanzate all’operatore, le cui difese non hanno convinto i giudici amministrativi.

Nello specifico, l’operatore della GDO ha sostenuto in primis l’illegittimità del provvedimento in quanto l’obbligo di preconfezionamento per il pane precotto potrebbe essere assolto anche mediante imballaggi preconfezionati posti nel luogo di vendita ed utilizzati in un momento successivo al posizionamento del pane sfuso nei relativi scaffali di vendita. Sul punto, il TAR ha chiarito che la normativa applicabile intende tutelare innanzitutto l’interesse alla sicurezza alimentare e alla salute pubblica, prescrivendo il previo imballaggio del pane ottenuto da parziale cottura, per scongiurare il pericolo di contaminazione del prodotto da parte del consumatore che lo maneggi nella fase prodromica all’acquisto. Contestualmente, l’obbligo di assoggettamento del pane al previo preconfezionamento è volto a rendere edotto il consumatore di una qualità essenziale del pane – precotto anziché fresco -, rispetto alla quale il preconfezionamento è misura specifica, che si aggiunge alle altre, ossia alla etichettatura e alla cartellonistica, nel segnalare al consumatore la lavorazione differenziata del pane in acquisto.

Sempre secondo l’operatore, in secundis, le determinazioni dell’A.S.L. di Lecce si porrebbero “in aperto contrasto con la corretta interpretazione del capitolo II all. IX punto 3 del reg. 852/2004”, per come esplicitata dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale. La ricorrente cita a sostegno delle proprie argomentazioni la sentenza della Corte di Giustizia UE, sez. VIII, n. 382 del 6 ottobre 2011, che però, come chiarito dal TAR, non risulta aderente alla fattispecie concreta esaminata in quanto “l’essenza della suddetta decisione è rinvenibile nella critica che la stessa Corte rivolge all’Amministrazione per non aver valutato l’adeguatezza delle misure specificamente adottate dagli operatori nelle specifiche circostanze esaminate e di non aver motivato il provvedimento in rapporto ad esse”. A tal proposito il Tribunale amministrativo ha osservato che, nel caso in esame, invece, vi è stata un’esplicita valutazione dell’inidoneità del sistema self-service a ridurre a “livelli accettabili” il rischio di contaminazione, corredata da un provvedimento motivato. Lo stesso Consiglio di Stato ha, poi, ribadito in seconda istanza che la modalità di vendita si è rilevata, in concreto, del tutto inadatta a garantire le più elementari esigenze di sicurezza alimentare.

Infine, l’operatore ha censurato la liceità del provvedimento in ragione della mancata assegnazione di un congruo termine per l’adeguamento. Secondo il ricorrente “l’immediata sospensione della vendita del pane precotto” sarebbe dovuta avvenire solo ove “l’adeguamento richiesto non fosse stato attuato” nei termini assegnati. Anche tale ultima censura è ritenuta priva di fondamento, posto che l’art. 138 Reg. (UE) 2017/625, sulla cui base è stato adottato il provvedimento in oggetto, legittima misure sospensive immediate.

La vicenda in esame, per quanto non nuova, ha il pregio di ribadire la centralità del tema della sicurezza alimentare presso i locali di vendita dei prodotti di largo consumo, richiamando l’attenzione degli operatori, in particolare della GDO, sull’implementazione di procedure che, a maggior ragione ove prevedano un coinvolgimento diretto del consumatore, consentano un controllo adeguato dei rischi di contaminazione, da valutarsi caso per caso.

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