La pratica della “shrinkflation”, ovvero la riduzione della quantità di prodotto all’interno di una confezione mantenendo invariato o aumentando il prezzo, ha sollevato preoccupazioni tra i consumatori e i legislatori. In risposta a questo fenomeno, l’Italia ha proposto una misura legislativa per contrastare la shrinkflation, notificata alla Commissione Europea nell’ambito della Direttiva (UE) 2015/1535. Questa analisi esamina la proposta italiana, le obiezioni sollevate dalla Commissione Europea, dalla Svezia e dall’Austria, e le implicazioni per il mercato interno dell’Unione Europea.
La Proposta Legislativa Italiana
L’articolo 21 della “Legge annuale 2023 per il mercato e la concorrenza” introduce modifiche al Codice del Consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206) per contrastare la shrinkflation. La proposta prevede che:
- I produttori che immettono sul mercato prodotti con una quantità nominale ridotta, pur mantenendo la stessa confezione, e aumentando il prezzo per unità di misura, devono informare il consumatore tramite un’etichetta specifica.
- L’etichetta deve evidenziare la riduzione della quantità e l’aumento del prezzo in termini percentuali, apposta sulla confezione di vendita con una grafica speciale. La notifica italiana precisa che l’etichetta deve avere lo stesso font utilizzato per indicare il prezzo unitario del prodotto.
- L’obbligo di informazione è valido per sei mesi dalla data in cui il prodotto con la quantità ridotta viene messo in vendita.
- Le disposizioni dell’articolo si applicheranno a partire dal 1° aprile 2025.
La relazione che accompagna il decreto-legge evidenzia come l’intento sia quello di contrastare le pratiche commerciali ingannevoli, considerando che le confezioni possono suggerire una quantità di prodotto superiore a quella effettiva.
Il parere della Commissione Europea
In merito alla proposta italiana, nell’ambito della procedura di notifica prevista dalla direttiva (UE) 2015/1535, la Commissione Europea ha espresso un parere dettagliato. Nonostante riconosca la necessità di informare i consumatori, la Commissione solleva diverse criticità:
- Armonizzazione a livello UE: secondo la Commissione, i requisiti di etichettatura volti a indicare la quantità effettiva del prodotto non rientrano nell’ambito dell’armonizzazione completa stabilita dalla direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e i relativi rifiuti.
- Impatto sul commercio: introdurre un’etichetta obbligatoria per ogni prodotto potrebbe ostacolare la libera circolazione delle merci all’interno dell’UE, comportando costi aggiuntivi per i produttori, soprattutto per le piccole e medie imprese, che dovrebbero adattare i loro articoli esclusivamente al mercato italiano.
- Adeguatezza della misura: la Commissione giudica la proposta eccessiva rispetto all’obiettivo di garantire una corretta informazione ai consumatori. Ritiene che soluzioni meno invasive, come l’utilizzo di cartellonistica nei punti vendita, potrebbero essere più efficaci e proporzionate.
- Ambiguità nei requisiti grafici: il progetto di legge manca di chiarezza sul significato di “grafica speciale”, e non specifica se l’obbligo di utilizzare lo stesso font del prezzo unitario sia vincolante o facoltativo.
- Assenza di fase di adattamento: non è previsto alcun periodo transitorio che consenta ai produttori di adeguarsi gradualmente alle nuove regole, rendendo l’attuazione particolarmente gravosa.
- Violazione del TFUE: la Commissione sottolinea che la misura proposta potrebbe violare l’articolo 34 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), che vieta le restrizioni quantitative all’importazione tra gli Stati membri.
La Commissione ha inoltre ricordato alle autorità italiane che la presentazione di un parere circostanziato obbliga lo Stato membro a posticipare l’adozione della legge di sei mesi dalla data di notifica, termine che scade l’8 aprile 2025.
Le osservazioni di Austria e Svezia
Anche l’Austria e la Svezia hanno espresso riserve sulla proposta italiana. L’Austria la ritiene incompatibile con il diritto dell’UE, sottolineando che la libertà imprenditoriale comprende il diritto di sviluppare i propri prodotti secondo le proprie scelte, purché nel rispetto della normativa vigente. Le imprese devono poter decidere liberamente l’imballaggio, il design e le dimensioni, tenendo conto di fattori tecnologici, ambientali e di riciclabilità. Secondo l’Austria, la normativa europea già garantisce un adeguato livello di trasparenza per i consumatori, in particolare tramite l’obbligo di indicare la quantità netta sulla confezione. Inoltre, esprime preoccupazione per il possibile effetto della proposta italiana sulla concorrenza, temendo che possa indurre i produttori a fissare i prezzi, riducendo la libertà dei rivenditori.L’Austria evidenzia anche che la direttiva sulle pratiche commerciali sleali (2005/29/CE) fornisce già una base giuridica solida per la tutela dei consumatori, mentre la proposta italiana andrebbe oltre il suo ambito di applicazione. Infine, ritiene che la misura violi il diritto alla libertà d’impresa sancito dall’articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
La Svezia, pur condividendo l’obiettivo di proteggere i consumatori, ritiene fondamentale evitare la frammentazione del mercato interno attraverso normative nazionali divergenti. A suo avviso, gli obblighi di etichettatura possono rappresentare, di per sé, un ostacolo alla libera circolazione delle merci. In particolare, osserva che la proposta italiana costringerebbe le aziende esportatrici ad adattare l’etichettatura dei prodotti esclusivamente per il mercato italiano. Inoltre, solleva dubbi sull’eventuale obbligo di mantenere invariato il prezzo per sei mesi, elemento che potrebbe ulteriormente complicare l’accesso al mercato. Infine, la Svezia mette in discussione la proporzionalità della misura, sottolineando l’assenza di spiegazioni sul motivo per cui soluzioni alternative, meno restrittive, non sarebbero sufficienti a raggiungere l’obiettivo.
Conclusioni
In conclusione, la proposta italiana per contrastare la shrinkflation, pur mirando a proteggere i consumatori, ha suscitato notevoli obiezioni da parte della Commissione Europea, dell’Austria e della Svezia. Le principali preoccupazioni riguardano la compatibilità con il diritto dell’UE, in particolare con la direttiva sugli imballaggi, il rischio di ostacoli al commercio, la proporzionalità della misura, la mancanza di chiarezza sulle specifiche dell’etichetta e la possibile violazione dei principi di libera concorrenza. Le critiche sollevate evidenziano la complessità della questione della shrinkflation e la necessità di trovare soluzioni che siano efficaci nel proteggere i consumatori, ma al contempo non creino barriere al commercio nel mercato interno dell’UE. La Commissione ha suggerito alternative meno restrittive, come l’etichettatura nel punto vendita mediante cartellonistica vicina agli scaffali. In tal contesto sarà importante che l’Italia tenga conto di queste osservazioni per garantire che la normativa finale sia conforme al diritto dell’UE e non comprometta il libero mercato. Ad oggi, l’Italia a causa degli errori procedurali e della carenza di ossequio alle osservazioni europee ha ricevuto dall’UE una lettera di messa in mora. Di qui, potrebbe seguire anche una procedura di infrazione a carico dell’Italia.